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Pubblicato il 02-12-2015

L'esame delle urine non è sufficiente a provare il reato di guida in stato d'ebbrezza.

La Quarta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione affronta in questo pronunciamento il tema della satisfattività dell'esame delle urine a dimostrare il tasso alcolico.

La Corte afferma preliminarmente che ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 186 C.d.S., anche a seguito della novella riformatrice di cui al D.L. 7 agosto 2007 n. 117, convertito in L. 2 ottobre 2007 n. 160, che, sostituendo il comma 2 della suddetta norma incriminatrice, ha determinato un differenziato trattamento sanzionatorio a seconda del valore del tasso alcolemico riscontrato, lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall'art. 186, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l'ipotesi più lieve, ora priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale.

Tanto premesso la Corte chiarisce, tuttavia, che l'esame delle urine indica la quantità di etanolo presente nelle urine ma non reca alcuna attendibile informazione scientifica dalla quale possa inferirsi la quantità di alcool ematico (il dato giuridicamente rilevante) e, soprattutto, l'epoca dell'assunzione della sostanza. L'etanolo riscontrato, in ipotesi, potrebbe, infatti, essere l'esito risalente nel tempo ed anteriore alla condotta di guida. In sostanza non sarebbe spiegato, in questo modo, attraverso un'appropriata indagine scientifica, quale sia, da ogni punto di vista giuridicamente rilevante di un processo metabolico ( cronologico e quantitativo), la relazione tra etanolo nelle urine ed alcool nel sangue.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-05-2015) 25-06-2015, n. 27005

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -

Dott. CIAMPI Francesco Mari - Consigliere -

Dott. PICCIALLI Patrizia - rel. Consigliere -

Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -

Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.M. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 4273/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 06/11/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/05/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Udito il Procuratore Generale impersona del Dott. MAZZOTTA Gabriele che ha concluso per annullamento senza rinvio perchè il fatto non sussiste.

Svolgimento del processo

M.M. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, parzialmente riformando in melius quella di primo grado esclusione dell'aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, lo ha riconosciuto colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica art. 186, comma 2, lett. c), aggravato dall'ora notturna ex comma 2 sexies (fatto del (OMISSIS)).

La Corte di merito ha valorizzato il riscontro rappresentato dall'esame delle urine cui il prevenuto era stato sottoposto in ospedale dopo essere rimasto coinvolto in un incidente: il cui esito aveva portato ad apprezzare il tasso alcolemico pari a 2,80 g/l.

Con il ricorso si contesta il giudizio di responsabilità, sostenendosi che l'imputato non si trovava affatto in una condizione psico-fisica alterata per l'abuso di sostanze alcoliche, bensì era rimasto traumatizzato in seguito all'incidente. Inoltre, l'esame delle urine non sarebbe stato satisfattivo per dimostrare il tasso alcolico, siccome esame consentito solo ai fini della contravvenzione di cui all'art. 187 C.d.S..

Per l'effetto, non vi sarebbe prova certa neppure del superamento del tasso rilevante per l'integrazione dell'ipotesi di cui all'art. 186, lett. C).

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Il giudice di appello ricostruisce il fatto, evidenziando che, dopo l'incidente, il M. si trovava, secondo quanto indicato dal personale intervenuto quello di p.g. e poi quello sanitario del nosocomio ove era stato trasportato, in evidente stato di alterazione psicofisica. L'esame delle urine, peraltro, eseguito, non con la caterizzazione, ma nell'ambito del normale protocollo sanitario, per apprestare al M. le cure del caso, aveva evidenziato la presenza di etanolo nella misura di 2,80 g per litro.

E' vero che, per assunto pacifico, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 186 C.d.S., anche a seguito della novella riformatrice di cui al D.L. 7 agosto 2007 n. 117, convertito in L. 2 ottobre 2007 n. 160, che, sostituendo il comma 2 della suddetta norma incriminatrice, ha determinato un differenziato trattamento sanzionatorio a seconda del valore del tasso alcolemico riscontrato, lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall'art. 186, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l'ipotesi più lieve, ora priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale (Sezione 4, 11 marzo 2014, Pittiani).

Nel caso in esame va però rilevato che la "prova" del superamento del tasso rilevante per la ravvisabilità della ipotesi di cui alla lett. c) è stata fornita attraverso la valorizzazione degli esiti degli esami sulle urine.

Sotto questo profilo va rilevata una carenza motivazionale che, come già rilevato da questa Corte in una fattispecie analoga (v. Sezione 4, 4 novembre 2014, Margheriti, rv. 261179) costituisce il riflesso della carenza dell'indagine in fatto.

Sul punto è stato evidenziato che l'illecito in esame è rapportato all'entità di alcool presente nel sangue al momento del fatto:

l'indagine tossicologica, solitamente compiuta con il cosiddetto alcoltest deve, pertanto, individuare la condizione del conducente al momento della guida, attraverso un'indagine che, prossima cronologicamente al fatto, sia in grado di rispondere all'interrogativo sulla presenza dell'alcool nel sangue al momento della guida.

Nel caso di specie tale indagine difetta.

L'esame esperito indica la quantità di etanolo presente nelle urine ma non reca alcuna attendibile informazione scientifica dalla quale possa inferirsi la quantità di alcool ematico (il dato giuridicamente rilevante) e, soprattutto, l'epoca dell'assunzione della sostanza.

L'etanolo riscontrato, in ipotesi, potrebbe, infatti, essere l'esito risalente nel tempo ed anteriore alla condotta di guida.

In sostanza non è stato spiegato, attraverso un'appropriata indagine scientifica, quale sia, da ogni punto di vista giuridicamente rilevante di un processo metabolico ( cronologico e quantitativo), la relazione tra etanolo nelle urine ed alcool nel sangue.

Si impone, quindi, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata affinchè la questione sia esaminata alla luce dei principi esposti.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, alla Corte di Appello di Bologna.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2015.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2015

 

A cura degli Avv.ti Pietro Carlo Ferrario e Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

http://www.lucarellieferrariostudiolegale.com/