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Pubblicato il 22-06-2012

Rifiutarsi di seguire gli Agenti accertatori presso il comando per eseguire l'alcoltest non prefigura violazione dell'art. 186 C.d.S. commi 3 e 7.

La Suprema Corte affronta in questa pronuncia la problematica relativa alla contravvenzione di cui all’art. 186 C.d.S. commi 3-4-5 e 7, la quale consiste nella fattispecie di reato di colui che rifiuti di sottoporsi agli accertamenti previsti nei commi richiamati della norma oggetto d’esame.

 

Ritiene la Corte, che, dal momento che vige nel nostro Ordinamento il “principio di legalità” in forza del quale l’esercizio del potere pubblico deve essere fondato sulla legge, l’accompagnamento coattivo del conducente non può essere disposto se manchi un’espressa previsione di legge che lo consenta, in quanto limitazione della libertà personale.

 

Sul presupposto, poi, che l’intero impianto del Codice di Procedura Penale, allo stesso modo, consente l’accompagnamento coattivo solo in casi tassativi ed entro tipicizzati limiti, il rifiuto all’adempimento di un obbligo che non sia espressamente dettato dal combinato disposto di cui all’art. 186 C.d.S. commi 3-4-5 e 7 non integra gli estremi per la sussistenza della contravvenzione prevista da dette disposizioni.

 

Per effetto di quanto esposto non integra gli estremi della contravvenzione di cui alle norme su citate la condotta di chi si rifiuti di seguire gli Agenti accertatori, privi di idonea strumentazione atta a misurare il valore di alcool nel sangue, nel più vicino posto di comando, al fine di procedere a test etilometrico.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIRENA Pietro A. - Presidente

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. IZZO Fausto - rel. Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Belluno;

nei confronti di:

B.L., n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza del G.I.P. del Tribunale di Belluno del 18/1/2011 (n. 27/11; R.G. 760/10);

udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Fausto Izzo;

Sentite le conclusioni del Procuratore Generale dr. Vincenzo Ceraci, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 18/1/2011 il G.I.P. dei Tribunale di Belluno assolveva, perchè il fatto non sussiste, B.L. dalla contravvenzione di cui all'art. 186 C.d.S., comma 7 (acc. in (OMISSIS)).

All'imputato era stato addebitato che, fermato dai Carabinieri alla guida di un'auto BMW, invitato a sottoporsi all'accertamento dell'alcoltest, dopo avere assentito, rifiutava l'esecuzione degli accertamenti allontanandosi a piedi dal luogo del fatto.

Osservava il Tribunale che il B., in mancanza della dotazione dell'etilometro da parte dei Carabinieri, era stato invitato da costoro a seguirlo presso un comando della Polizia Stradale sito a circa 30 km. di distanza e tale inviato era stato rifiutato dall'imputato. L'accertamento richiesto, non era riconducibile all'art. 186, comma 5, perchè non si era verificato alcun incidente stradale; non al comma 3, perchè i Carabinieri non avevano al seguito l'etilometro; non al comma 4, in quanto tale disposizione consente di accompagnare la persona da sottoporre ad esame "presso il più vicino ufficio o comando", circostanza non ricorrente nel caso di specie, in quanto Tesarne doveva essere svolto presso altro corpo di polizia, ad una distanza di circa 30 km. dal luogo dei fatti, in tal modo comprimendo la libertà individuale al di fuori della previsione normativa.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Belluno, lamentando la erronea applicazione della legge. Infatti, premessa la correttezza del ragionamento del giudice di merito in relazione alla non ricorrenza delle ipotesi previste dall'art. 186, commi 4 e 5, non era condivisibile l'esclusione della ricorrenza dell'ipotesi prevista dal comma 3, in quanto la norma non prevede necessariamente che l'etilometro sia nella disponibilità della polizia operante "hinc et nunc". Pertanto, l'accompagnamento presso un posto di polizia sito a pochi chilometri di distanza non costituiva una violazione di legge, nè determinava una illegittima compressione della libertà individuale.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

3.1. L'art. 186 C.d.S., comma 7 punisce con le pene previste dal comma 2, lett. c), il rifiuto del conducente dell'accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5.

Trattandosi di materia penale, perchè possa dirsi integrata la contravvenzione contestata, è necessario che il conducente rifiuti l'accertamento così come tassativamente previsto dai commi richiamati nella norma che descrive la condotta tipica.

Nello stesso ricorso correttamente il P.M. ha ritenuto non essere stato rifiutato l'accertamento ai sensi del comma 4, in quanto i Carabinieri non avevano "invitato" il conducente "presso il più vicino ufficio o comando" e, soprattutto, difettando il presupposto del preventivo accertamento qualitativo di cui al comma 3 (esame con etilometro).

Nè il rifiuto era stato opposto ai sensi del comma 5, difettando il presupposto di operatività della norma e cioè l'accadimento di un incidente stradale.

Il P.M. ricorrente ha valutato sussistere la tipicità del fatto del rifiuto, ai sensi del comma 3, laddove è previsto che ".... gli organi di Polizia stradale...., nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l'integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili".

Nel caso di specie i Carabinieri, non avendo al seguito l'etilometro, avevano deciso di accompagnare il B. presso un comando della Polizia Stradale, sito a circa 30 km. dal luogo del fatto. Il B. aveva rifiutato l'accompagnamento, così vedendosi denunciato ai sensi dell'art. 186, citato comma 7. 3.2. Ciò detto va ricordato che nel nostro ordinamento vige il "principio di legalità" secondo il quale l'esercizio del potere pubblico deve essere fondato sulla legge. Tale principio mira a preservare i cittadini dal pericolo di arbitri.

Con particolare riferimento alle modalità di espletamento degli accertamenti di cui all'art. 186, comma 3, la disposizione non prevede la possibilità di accompagnamento coattivo del conducente.

Nè può dirsi che tale potere sia implicito nella disposizione in quanto, costituendo l'accompagnamento una limitazione della libertà personale, esso deve essere esplicitamente previsto dalla legge.

La fondatezza di tale assunto è rinvenibile nelle norme del codice di procedura penale che, nel prevedere ipotesi di accompagnamento coattivo, non solo le tipizzano, ma ne prevedono specifici presupposti e modalità di attuazione: art. 132 (accompagnamento coattivo dell'imputato); art. 133 (accompagnamento coattivo di altre persone); art. 349, comma 4, (accompagnamento per identificazione);

art. 376 (accompagnamento coattivo per procedere ad interrogatorio o confronto); art. 399 (accompagnamento coattivo in sede di incidente probatorio); art. 490 (accompagnamento coattivo dell'imputato in dibattimento).

3.3. Ne consegue da quanto detto, che essendo stato intimato al B., da parte dei Carabinieri, un accompagnamento presso un distaccamento della Polizia Stradale sito ad una rilevante distanza del luogo del fatto, con conseguente sensibile limitazione della libertà del predetto B.; il suo rifiuto all'adempimento di un obbligo non dettato dall'invocato combinato disposto dell'art. 186, commi 7 e 3, non integra la contravvenzione prevista da dette disposizioni. Si impone pertanto il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

 

A cura dell’Avv. Pietro Carlo Ferrario e del Dr. Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

http://www.lucarellieferrariostudiolegale.com/